2009


Foto La Sposa del Vento - Febbraio 2009 - San Saverio

La Sposa del Vento - Febbraio 2009 - San Saverio

Un Canto di Natale

 

Salvatore Lo Bue è l’autore di una notevole, e origi­nale, Storia della poesia, in corso di pubblicazione. Ma per essere storico dei poeti è auspicabile, se non neces­sario, che sia egli stesso poeta, e lo scrittore siciliano ne ha dato prova in tempi recenti con poemi di bella fattu­ra e di inappuntabile musicalità. In questa fine di anno egli ci offre una "prosa" mariana, splendidamente riu­scita, dedicata al mistero della Natività. II titolo, La Sposa del vento, come un soffio leggero, fa pensare a una celebre poesia di Gerard Manley Hopkins.

Ma è in Italia, più che altrove, che è fiorito il lirismo religioso, da Iacopone da Todi a Manzoni a Tommaseo, senza dimenticare Leopardi che aveva progettato di scrivere inni e cantici. In Germania i Cantici spirituali di Novalis e i Compianti (interminabili) di Brentano hanno anche una sorta di leggerezza di ordito che si presta alla recitazione ritmata. Su queste gloriose scie, tracciate in Francia daiLais e dalle villanelles, o dal Verlaine elegiaco e dal suo emulo Tristan Corbière, Salvatore Lo Bue utiliz­za un metro corto, irregolare, che si addice ai mono­loghi interiori e alla composizione drammatica, ma l’unità tonale fa sì che sia possibile leggere le sequenze dei versi spezzati come le strofe di un unico poema. La grazia della immagini decora il ritmo e nello stesso tempo lo addolcisce.

La scena dell’Annunciazione rivive nell’emozione di Maria sorpresa dalla visita dell’Angelo. L’emozione dolce che la prende sembra scaturire più dalla presen­za di Gabriele, uomo giovane e bello, che dalla Promessa inaudita. La Vergine non è turbata, ma perdu­ta nelle sue fantasie: Il cuore ricamava canti d’oro. La prima raffica del vento misterioso proviene dal battito delle ali dell’Angelo innamorato.

Intanto la promessa si compie: madre e figlia del suo figlio. La voce del Padre precipita dalle nuvole. E Giuseppe, il terzo escluso, in un bellissimo soliloquio si appresta alla rinuncia:

 

 

 

Di amarmi non ti chiedo:

vedo che tu non vedi.

Innamorata, al tuo segreto

Credi.

 

 

 

Tutto, da una parola, è suggerito. All’idillio celeste di Maria fa riscontro quello che gli esegeti chiamano il dubbio di Giuseppe, ma che in verità è il suo dramma.

Ma di primo acchito tutto è rassegnazione, abbandono: Ora chiedo soltanto di restare

 

 

 

Vicino alla tua anima lontana

... vicino a te, comincerò a raccontare

 come l’amore nacque, e come niente

 può morire se in noi è cominciato.

 

 

 

È la lamentela dell’eterno marito! Però la promes­sa sposa vede avvicinarsi la sua ora, e presto ella stringe sul seno il neonato:

 

Tu fosti il Fattore,

ora sei mia creatura,

 il Figlio atteso!

 

 

 

Poi la giovane madre avvia la cantilena o piuttosto la berceuse:

 

Accanto a te ora siedo, e ti vedo

dolce ridente

tra i tuoi sogni bianchi.

 

 

 

Sulle sue labbra spunta una reminiscenza anacro­uica di Foscolo:

 

Sulle sciagure umane

I1 sole accende

La Speranza.

 

La gioia che prima le riempiva il cuore cede ora alla previsione del dolore e alla città abbandonata. Ma Maria evoca l’Angelo consolatore, mentre la Voce del Padre ora di nuovo risuona dall’alto dei cieli. Invece la rassegnazione di Giuseppe non echeggia più, il suo rammarico fa un contrappunto poetico al Magnificat. Egli piange sull’amore smarrito:

 

 

 

E di Lei che mi amava

E che io amavo

Mi ha privato.

 

 

 

Il canto elegiaco, addirittura funebre, prosegue come un singhiozzo:

 

Ora un freddo silenzio tiene chiuse

Le labbra se io visito un villaggio

Sconosciuto. Nulla mi accoglie. Nulla

Più vedo dietro le persiane chiuse.

 

 

 

Una delicatezza infinita, ombrata di malinconia, indica l’approssimarsi della morte:

 

 

 

Non credere eterno L’amore

Se prima non muore

il corpo ...

Tessi un nuovo cuore

per chi da sempre

ti ama.

 

 

 

Prima che riappaia l’Angelo delle tempeste, impacciato nel volo, il Messaggero "diviso tra l’addio e il ritorno vero", gli addii senza ritorno di Giuseppe moribondo costituiscono la corona, la perfezione del Poema, il nido d’alcione del protovangelo dell’aedo siciliano:

 

 

 

Tu soltanto del vento fosti Sposa.

 ... mia luminosa stella senza nome!

Non più mia, mai più mia,

tu un tempo la sposa

promessa,

tu la stessa

Maria.

 

 

 

 

Il vento soffia dove vuole, ma sicuramente in que­sti fogli ispirati dalla più raffinata spiritualità.

 

Paris. Natale 2002

 

                                                                                                                                       Xavier Tilliette

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