2011


Foto I Difensori - Petralia Sottana - Convento dei Padri Riformati

I Difensori - Petralia Sottana - Convento dei Padri Riformati

 

Prologo

 

 

I due coreuti restano tra  il pubblico senza musica prima ancora che entrino sulla scena gli altri interpreti

 

 

Primo Coreuta (Massimiliano)

 

Trascorrono i pensieri, come onde,

e l’anima si muta in bianco mare.

Negli abissi il segreto si nasconde

della vita. Ed è, per tutti, naufragare

destino inevitabile. Perdiamo

tutto nel tempo. Poi è tempo di andare

di là dall’orizzonte. Noi che siamo

quel che resta di un legno già bruciato,

che come foglie d’autunno volteggiamo,

a te chiediamo, amore: cosa è stato

questo fugace, rapido soggiorno

in questo mondo triste, desolato?

 

 

Secondo Coreuta (Filippo)

 

 

Il Bene è un arcipelago. Più niente

tra un’isola e l’altra. Il mare le divide

e pur li unisce. Vediamo l’indecente

Io della terra , che ogni anima provvide

della sua notte, vincere. E su, nei cieli,

il bianco cuore delle stelle uccide.

Ma che la luce no, non si riveli!

Dal Male sarà presto assassinata,

come i fiori recisi dagli steli.

 

 

 

Primo coreuta (Massimiliano)

 

L’amore è sempre una città assediata

che mai potrà evitare la conquista.

Del Sacrificio è lei terra beata

e quando tutto perde, tutto acquista.

Dei suoi figli compagna è solo morte,

ma del loro morire si rattrista

l’odio soltanto, il Male. Quando smorte

si fanno già le guance al difensore,

la notte allora si illumina e più corte

le tenebre si fanno. E un nuovo cuore

batte su questa terra che impaura,

e tutto tace quando tutto è Amore.

 

Secondo Coreuta (Filippo)

 

E l’ombra scese sulle tue pupille

quando nel sangue sciolse la sua ira

l’anima tenebrosa del tuo Achille.

Ma per Lei ancora l’anima respira,

per Andromaca che dalle alte mura

piange per te, per questa sorte dira

che oggi ti affida alla tua notte oscura.

Ti ricordi di Lei, delle parole

ultime? L’amavi, l’ami, lei pura,

e figlia e madre e sposa che si duole

del figlio, padre sposo già perduto.

mentre negli occhi ti si spense il sole.

 

 

entra in scena marco e cerca Andromaca. Scatta l’Ho perduta di Mozart

 

PRIMA  SCENA

 

 

Primo  narratore (Piero)

 

E lei gli andò incontro, e insieme a lei ora andava

e tra le braccia il bambino così piccolo e dolce,

l’amato figlio di Ettore simile a stella,

che egli chiamava Scamandrio e gli altri Astianatte

poi che Ettore solo Troia difendeva.

Così egli sorrise guardando il bambino

in silenzio, e Andromaca accanto gli venne

in silenzio piangendo, e forte la mano gli strinse.

 

 

Andromaca (daiana)

 

O infelice, il tuo ardire

muove il destino di morte.

Non senti pietà nel tuo cuore

del figlio bambino

e di me sventurata

che presto sarò privata

di ciò che mi devi?

Presto ti avranno gli Achei

che contro te muoveranno,

e se ti perdo è meglio per me

mille volte morire.

Quale conforto al dolore

se il tuo destino si compie?

Non ho più padre, non madre.

Achille lo uccise assediando

Tebe dalle alte porte:

ma ebbe vergogna a privarlo

delle sue armi e con esse bruciò

e la sua tomba le ninfe dei monti

ornarono di olmi bellissimi.

Sette fratelli avevo e in un solo giorno

scesero tutti nell’ade per mano di Achille.

E di mia madre tu sai. Prigioniera

fu liberata da lui dopo grande riscatto

per poi finire i suoi giorni

nella casa paterna

colpita dal dardo di Artemide.

Tu padre e nobile madre

fratello e sposo fiorente

per me, tu Ettore, sei.

Abbi di me pietà,

con me sulla torre rimani.

Fa che il figlio non sia

privato del padre ed io

non sia privata di ciò che mi devi.

 

Ettore

 

Tutto quello che dici in cuore sento

ma temo il giudizio dei Troíani

e delle loro donne lunghi pepli

se vile dalla lotta mi allontano.

È íl cuore a spingermi alla lotta

da che ho imparato a esser forte

sempre e tra i primi guerreggiare

al padre e a me stesso procurando

gloria grande. Poi che tutto so

secondo cuore e secondo ragione.

Verrà il giorno e verrà la morte

di Ilio sacra e di Priamo padre

e dei Troiani dalla bella lancia.

Ma dei Troiani del dolore ancora

di Ecuba e del re e dei fratelli

che sulla terra valorosi e molti

per mano nemica moriranno

io non ho cuore, ma del tuo destino

se mai un acheo tunica di bronzo

trascinerà il tuo corpo, mentre piangi,

privata d’ogni libera tua luce.

E giunta in Argo tesserai la tela

e l’acqua porterai su dalla fonte

Messeide o Iperea senza tua voglia

coperta dal destino pura forza.

E un giorno qualcuno potrà dire

le tue lacrime amare conoscendo:

"ecco, costei che piange, era la donna

di Ettore che era il primo nella lotta

fra i Troiani che domano i cavalli

quando si combatteva intorno a Ilio".

Forse queste parole un giorno udrai:

rinnovato dolore sentirai

non ci sarà un uomo che ti dia

libero il giorno e che non sii più schiava.

Morto, che io sia coperto dalla terra

prima che la tua voce disperata

senta, prima che io conosca

il giorno che vedrà la tua caduta.

 

 

La nutrice si avvicina e porge il bambino.Ettore lo prende tra le braccia

 

 

Secondo  narratore (Emanuele)

 

 

Così dicendo Ettore glorioso

tese le sue mani al suo bambino.

Ma paura lo prese di suo padre

e del cimiero a chioma che ondeggiava

terribile dall’elmo, e delle armi,

e piangendo si volse alla nutrice

dalla bella cintura, e nel suo seno

 trovò riparo alla sua paura.

Pieno d’amore rise allora il padre

e la nobile madre insieme a lui

e si spogliò subito dell’elmo

e lo pose per terra rilucente.

E poi che lo baciò teneramente

e in altò lo portò tra le sue mani

disse pregando Zeus e gli altri dèi:

 

Ettore

 

Zeus, e voi tutti altri dèi,

mio figlio concedete che diventi

come io sono, il primo fra i Troiani,

e che forte diventi e che potente

possa un giorno su Ilio regnare.

E che di lui ciascuno possa dire:

"È più grande del padre", quando torni

dalla guerra con spoglie di nemici

e ne gioisca il cuore di sua madre.

 

Primo narratore

 

Così disse e pose il suo bambino

tra le braccia alla sposa che egli amava.

Nel suo seno odoroso ella lo accolse

versando insieme lacrime e sorrisi.

Poi che la vide piangere il marito

ebbe di lei pietà e con la mano

dolce la accarezzò così dicendo:

 

Ettore

 

Donna infelice, non ti rattristare

contro il destino: nessun uomo mai

potrà precipitarmi giù nell’Ade

come al destino nessun uomo mai

che sia al bene o al male destinato

Ora, tornando a casa, le tue opere

cura del telaio e della rocca

e il lavoro comanda alle tue ancelle.

La cura della guerra lascia agli uomini

che sono nati a Ilio, e a me per primo.

 

 

 

 

 

Secondo narratore (Emanuele)

 

Così Ettore nobile le disse

l’elmo chiomato raccogliendo.

La moglie amata intanto verso casa

nuovamente diresse i1 suo cammino

e tante e tante lacrime versava

e indietro tante volte si volgeva.

E quando alla comoda casa

di Ettore massacratore

Andromaca giunse, le ancelle

tutte trovò, e tutte

si sciolsero in pianto.

Piangevano nella sua casa

Ettore che ancora viveva

poi che più non speravano

che dalle pianure sarebbe vivo tornato,

sfuggito al furore dei Danai.

 

 ARIA DI VIVALDI

Aurora

Figlio adorato, vittima dell’odio,

sola lascerai ora tua madre nel dolore.

Muori perché tuo padre era il più forte

e la virtù che fu vita per altri

ora è morte per te.

Non ti soccorrerà il suo valore.

Luttuoso letto, nozze di dolore!

Ma tu, bambino, piangi,

e senti il male che su di te precipita.

Alla veste ti stringi, sotto le sue ali ti rifugi

simile a un uccellino.

Un volo orrendo ti ucciderà, riverso.

Per niente, allora, quando eri in fasce,

le tenere mammelle ti nutrirono?

Così grandi dolori, e le fatiche, tante,

per niente la madre ha sopportato?

Figlio adorato, la tua povera madre ora saluta

che non potrai altra volta salutarla.

Abbracciala, stringila al tuo collo, baciala sulla bocca!

0 barbari inventori di supplizi, perché questo innocentevoi uccidete? ..

Ma prendetelo ora, ora portatelo via

 e dalla rocca giù precipitatelo,

se lo avete deciso. Fatelo a pezzi poi,

 poi mangiate le sue carni.

E il  corpo della madre nascondete,

gettatelo in una nave.

Verso nuove nozze la costringe

il destino,

privata di suo figlio

che era la sua anima.

 

 

 

 

 

Cassandra  (virginia)

Tu madre perché in lacrime

sciogli il dolore e lacrimando parole hai del padre e della patria a noi cara?

Madre, il mio capo vittorioso cingi,

 e di nozze regali sii felice.

Forte il mio cuore spingi, se vacilla. Nozze ancora più funeste di quelle con Elena il sire Agamennone attendono, se vera vita è nel Lossia. Io lui ucciderò, sarò io la rovina della sua casa, io sarò la vendetta dei fratelli e del padre.

Felice è questa città più degli Achei e se pure invade il dio il cuore folle dirò, fuori stringendo la follia.

A migliaia morirono gli Achei per una sola donna e un solo amore e quel sapiente e nobile stratega

la figlia che era il bene a lui più caro sacrificò per rendere al fratello una donna fuggita con ragione. Poi che giunsero in riva allo Scamandro

trovarono una morte senza scopo,

poi che non difendevano la patria

che sicura e lontana li aspettava.

Abbi pietà di loro. Chè I difensori

sono simili a dei, perchè la vita

consumano per amore e per amore

si fanno nulla, e per il mondo tutto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Musica introduttiva Villa Lobos e vocalizzi

 

 

Prologo

Orfeo e Euridice

 

 

 

 

Prima Coreuta (Palmira)

 

Si levò alto di Euridice il grido

Orfeo moriva accanto a lei sull’erba.

Fuggiva via la vita al pastore fido:

 

tutto si muta in rimembranza acerba!

Muta la lira ormai, senza magia

-sole la notte il dio a te riserba-.

 

Si sciolse, in lei, il dolore in armonia,

l’anima uscì dal corpo senza vita

non tristi non  , quasi sia

 

privata dell’amore, lei smarrita

prese la lira dalle freddi mani

la sua corda mutò. Dalle sue dita

 

fuggono in principio suoni vani,

poi come vento che nuvole raduna

tutto fu suono. Insieme a me rimani,

 

gridò Euridice. Ti amai come nessuna

donna ha mai amato il suo poeta;

non mi lasciare sola, come una

 

anima in pena che non ha più meta:

Orfeo non la sentì, precipitava

dove tutto è silenzio e tutto acquieta.

 

 

 

Granados che dura con interruzione tra il secondo e il terzo intervento per tutti e due i seguenti interventi

 

 

Seconda Coreuta (Fabiola)

 

E la lira di Orfeo, che lei suonava,

vinse colei che il varco custodiva

del Regno della Morte. Traversava

 

ora Acheronte, e niente intimoriva

la donna e la sua musica d’amore

fino a quando si venne all’altra riva.

 

Scosse le anime tutte dal torpore

il divino rincorrersi del canto:

quasi che l’alba nell’eterno orrore

 

della terra dove tutto è pena e pianto

si levasse! Lei lo cercò, ma invano.

Chiamò più volte Orfeo. e così tanto

 

ardore intenerì la mente del sovrano

di Ade nera e della sua bianca sposa

che disse, fermi gli occhi, piano piano:

 

-Concesso sia quel che nessuno osa

chiedere nel mio regno senza uscita!

Ci vinse l’armonia tua dolorosa

grazie al tuo amore Orfeo ritorni in vita!

Ma fino a quando sarai in questo regno

non ti voltare mai! sarà rapita

 

l’anima sua che ora diamo in pegno

se subito i suoi occhi guarderai

dubitando di noi! E’ questo il segno

 

ch’ora ti diamo. se guardi fallirai!-.

Sentì dietro di sé la sua presenza.

Pianse Euridice. Come sempre e mai!

 

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I Difensori - Palazzo Steri

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