2012


La Riconoscenza - Visioni dal Re Lear - Chiesa di San Saverio

Cosimo Scordato, Rettore della Chiesa di San Saverio, è un mio amico. Gli devo tanto, in termini di lettura del mistero della Fede e dell’esempio che per tutta la vita egli ha dato dello spirito evangelico calato in una realtà difficile e a volte terribile come il quartiere di Ballarò.  Per ciò da anni offro, insieme ai miei studenti, a lui e alla sua comunità  una sorta di anteprima dell’opera poi destinata a ricordare i giorni del martirio. Ma dopo quello che era accaduto con “La Gratitudine” il cinque luglio rappresentò un momento davvero emozionante della storia del Laboratorio di Poetica.
Il matto (Carmelo Mulè), il povero Tom (Marco Canzoneri) e il vecchio re pazzo (Emanuele Bongiorno)  non avevano accettato la rinuncia alla rappresentazione del “Re Lear”. Insistettero talmente, e insieme a loro Palmira Salinas, la mia fidata Alcesti di poche settimane prima (Regan), Grace Sanfilippo (Goneril) e Maria Giallombardo (Cordelia) le uniche rimaste dopo la fine della esperienza precedente,  e con toni così sinceri, che, come sempre, non seppi dire di no. In fondo, a cosa era servito il lavoro di tanti anni se non a regalare ai ragazzi momenti di vera, orgogliosa felicità? Essere rimasti in pochi mi costrinse a una forzata riduzione dell’Opera. Il testo rimaneggiato escluse la storia parallela di Gloucester e dei suoi due figli maschi, togliendo all’opera apparentemente la sua stessa ragione d’essere. Rimase soltanto Re Lear. Il martire della Riconoscenza. E la Riconoscenza come l’altra faccia della Gratitudine.
Se dunque nel ventesimo anniversario della morte di Giovanni Falcone si impose il concetto della Gratitudine, nel ventesimo anniversario della  morte di Paolo Borsellino si fece strada. Misteriosamente, il concetto della Riconoscenza. Mi era tornata in mente una frase delle “Illusioni perdute” di Balzac: l’amore è la riconoscenza del corpo. Quanto più amati, tanto più capaci di dire grazie dell’amore donato. E quel grazie, quella riconoscenza dovuta ai Difensori, ai Martiri, alle anime sacrificali, ai fratelli perduti, al Padre stesso, prese corpo sotto la volta della chiesa di San Saverio con una prova di una bellezza oscura a volte terribile, che ebbe indiscusso protagonista Emanuele Bongiorno, straziante e straziato re della ingratitudine umana oltre che filiale.
Due colonne di legno trasformarono lo spazio sacro in una sala del trono. Una vecchia grande poltrona abbandonata per strada coperta da un drappo di velluto rosso divenne il trono di Lear. Le tre sorelle da tre altari differenti percorsero i diversi cammini della verità e dell’amore. Il pianoforte di Claudia Costanzo e le voci di Alessia Acquaviva e Fulvia Lo Cicero segnarono il tono dell’opera. Ma il cuore della rappresentazione divenne il gioco folle tra Lear il matto e il povero Tom. Marco Canzoneri, il mio Marco per dodici anni, una volta Ettore una volta Tiresia, cantore di “Porte Chiuse” e mentore di Woyzeck, per la sua ultima volta con me fu semplicemente straordinario, nel corpo e nell’anima, interpretando Tom. Selvaggiamente volava da un lato all’altro della esagonale chiesa spaventando con gli occhi e con le parole e col tono e con il volo della sua interpretazione. Ricordo come impaurì alcuni bambini presenti e non pochi spettatori inquieti per i suoi guizzi improvvisi. Questo fu il suo canto di addio al Laboratorio, di cui è stato gran parte, protagonista indiscusso, preziosa mente creativa. “La Riconoscenza” portò con sé la mia riconoscenza per tutti coloro che tanto mi avevano donato di sé nel corso del tempo.
Ancora ho negli occhi Re Lear che entra dalla piazza dell’Albergheria in chiesa con in braccio la figlia Cordelia. Morta tra le sue braccia. E il Grido del Re folle trovato da Emanuele Bongiorno in non so quale recesso della sua anima. Emanuele che mi ha fatto gridare al miracolo quella sera: una interpretazione miracolosa, indimenticabile. In quell’istante lui e Cordelia erano davvero, come li chiamò Shakespeare, le “spie di Dio”. Le forme, le figure in cui si incarna, si rivela, l’amore sacrificale del Cristo. E in fondo quale altro senso dare al sacrificio di Falcone e di Borsellino e di tutti i loro fratelli? In re Lear sentii quella sera e vidi Paolo Borsellino reggere il corpo dell’amico caduto e camminare con in braccio il suo fardello fino alla fine. Ma  verso la luce. Irraggiungibili.       
 

 

Galleria Fotografica

Foto Foto Foto Foto Foto Foto Foto Foto
Foto

Galleria Video

File Video Lear a San Saverio

Lear a San Saverio

La Gratitudine - Palazzo Steri

Sono passati venti anni da quella giornata di anticipato scirocco del mese di maggio. Non c’era ancora la Rete a diffondere in tempo reale la notizia, leggi tutto ...

La Riconoscenza - Visioni dal Re Lear - Palazzo Steri

La riconoscenza

Visioni da Re Lear

 

 

Scena prima

 

 

Qui la voce sua soave. Mentre si svolge l’aria Regan e Goneril leggi tutto ...

> <